Alcuni vivono qualcosa di così negativo come se fosse buono. Ma buono lo è fino a quando non sconfina nel dover a tutti i costi esigere questo dolore da chi non ne vuole più dare.
In fondo il centro di tutto sta lì, in quel bisogno di sentirsi annullati, abbandonati, refusi e darsela a gambe quando si capisce che non si può ottenere quello che si voleva.
Del resto dava fastidio anche alla povera Sabine Spielrein ammettere che quando suo padre la picchiava o picchiava uno dei suoi fratelli per lei era il massimo dell’eccitazione.
Il metodo servì a lei a ritrovare una giusta dimensione, e relazione,con Jung, ma forse per alcuni individui non basta un padre o una madre cattiva da esorcizzare con quei riti così infantilizzanti ma ci vuole ben altro per farli evolvere ad un livello di maturità che gli possa far capire che il dolore è vero dolore solo quando è donato con spontaneo volere.
Così mentre ella si contorceva cercando di non svelare il suo segreto, il buon Jung cercava di risolverlo nel peggiore dei modi, cioè andando a letto con la sua paziente.
Ma alcuni individui avrebbero almeno il dovere di guardare dentro se stessi e vederlo quel dolore, che li dilania, mentre al di fuori sembrano così imperturbabili, così calmi, così tranquilli.
Allora è meglio una scimmia che grida e sbraita piuttosto che un damerino impettito che poi non fa altro che sognare battute non di caccia ma di frustino.